Nel 1967, Matthew Fox era un giovane domenicano che giungeva a Parigi dagli Stati Uniti per studiare all’Institute Catholique. Era sua intenzione investigare la storia della spiritualità cristiana in vista di una rivitalizzazione della spiritualità stessa che la mettesse in contatto profondo sia con le sue radici bibliche sia con la cultura occidentale contemporanea, che proprio in quegli anni stava attraversando un grande momento di crisi e di speranza. La domanda che il giovane Fox si poneva più ardentemente era se fosse possibile riconciliare la sete di giustizia che si esprimeva nel marxismo e nei movimenti del ’68 con il misticismo, cioè con l’esperienza profonda della preghiera e della presenza di Dio. Con largo anticipo sulla distinzione tra religione e spiritualità che oggi è diventata corrente (e, in un certo senso, anche problematica), Fox era convinto che il rifiuto della religione che si stava affermando presso la generazione dei giovani suoi contemporanei non comportasse anche un rifiuto della spiritualità, anzi poteva rappresentare l’occasione di una purificazione delle strutture religiose in direzione della nascita di una spiritualità nuova. Com’è noto, il 1968 fu anche il momento di ingresso in Europa e in America del Nord delle spiritualità orientali su scala più vasta rispetto all’interesse accademico o elitario che era stato prevalente in precedenza. Ma Fox era interessato principalmente alla riscoperta delle fonti mistiche dell’Occidente, che erano state sepolte nei secoli della modernità al punto che egli stesso, durante il suo percorso di studi domenicani dal 1963 al 1967 non sentì mai nemmeno nominare Meister Eckhart, un domenicano del XIV secolo che, a dire di molti, è stato il più grande mistico dell’Occidente. Nel 1968, durante un seminario, padre Marie-Dominique Chenu pronunciò una distinzione che si sarebbe rilevata la chiave di volta del pensiero teologico di Fox. Chenu mise in chiaro ai suoi studenti che nella storia della spiritualità cristiana si erano espressi due filoni. Il primo, quello della spiritualità del creato, metteva al centro la bontà dell’essere e del corpo, la benedizione di Dio su tutta la realtà, la bellezza e la giustizia come armonia. Il secondo, quello di caduta e redenzione, metteva l’accento sul peccato umano, sulla corruzione della natura umana e la sua incapacità di agire con giustizia, sulla necessità di ricevere la salvezza dall’esterno. La prevalenza del secondo filone sul primo, sia nel cattolicesimo sia nel protestantesimo degli ultimi secoli, andava di pari passo con il sistema di controllo ecclesiastico e aveva creato uno squilibrio che alla fine aveva risucchiato ogni gioia dal cristianesimo. Fox si rese subito conto, in particolare, che la spiritualità di caduta e redenzione era essenzialmente antropocentrica, oltre che doloristica, cioè si concentrava sugli esseri umani a esclusione di tutto il resto, mentre la spiritualità del creato era, appunto, aperta a riconoscere la realtà spirituale di tutti gli esseri viventi, considerando l’essere umano come una creatura all’interno del cosmo. Una creatura molto speciale, perché fatta a immagine della creatività e della compassione del Creatore, ma pur sempre una creatura con un corpo, dei desideri, delle emozioni, delle passioni, tutta una realtà in movimento che in linea di principio non doveva essere considerata affatto come negativa. Nel suo sviluppo della spiritualità del creato Fox venne aiutato sia dalla sua formazione approfondita su Tommaso d’Aquino (non sul neo-tomismo), sia dalla sua natura mistica, che fin da ragazzo lo aveva portato a percepire la presenza della realtà divina nella natura.
Dopo il suo soggiorno a Parigi e la sua tesi di dottorato, Fox tornò negli Stati Uniti e sviluppò in molti scritti la “spiritualità del creato” (creation spirituality), un’espressione che identifica ormai da decenni la sua teologia. Il suo libro Original Blessing del 1983 (in italiano: In principio era la gioia, Fazi, 2011) lo consacrò come il teologo cattolico più letto negli Stati Uniti, ma gli attirò anche le attenzioni dei cani da guardia vaticani, che dopo un lungo tira-e-molla ne ottennero l’espulsione dall’ordine domenicano nel 1993. Tra le accuse rivoltegli dal card. Ratzinger c’era il fatto di chiamare Dio sia “padre” sia “madre” e la negazione del peccato originale. Quest’ultima accusa era patentemente falsa perché in Original Blessing Fox metteva bene in chiaro che il problema è l’enfasi eccessiva sul peccato originale, non l’esistenza di strutture di peccato nelle quali veniamo a trovarci senza colpa personale e contro cui dobbiamo combattere anche dall’interno di noi stessi. Successivamente, Fox sarebbe entrato nella Chiesa Episcopale (gli anglicani americani) soprattutto per poter continuare ufficialmente il suo ministero nell’ambito del rinnovamento della liturgia. La sua famosa e discussa Messa Cosmica, che viene regolarmente celebrata ancora oggi negli Stati Uniti, prevede una minima parte di comunicazione verbale e molto spazio per la la musica, la danza e il silenzio meditativo. In alternativa alla ricerca distruttiva dell’estasi per mezzo delle droghe, Fox propone il ritorno a delle modalità di culto premoderne che portano naturalmente a una forma di estasi personale e comunitaria che non soltanto non è mai violenta né pericolosa, ma che soprattutto non ha nulla a che vedere con le forme di manipolazione delle coscienze che si spacciano per misticismo. Oggi per Fox, e per coloro che seguono i suoi passi, la spiritualità del creato consiste soprattutto nell’uso delle più svariate forme di arte per risvegliare la creatività e la compassione che sono presenti in ogni essere umano. Ritornare a sentirsi una creatura, ritrovare il proprio posto nel mondo e, conseguentemente, ritrovare le energie vitali necessarie per aiutare gli altri sia individualmente sia impegnandosi nella lotta per la giustizia sociale è lo scopo semplice, eppure spesso così elusivo, delle attività seminariali foxiane.
È molto importante rendersi conto che Fox non ha mai sostenuto di aver inventato la spiritualità del creato o di possederne il marchio. Al contrario, Fox ha sempre detto di aver riscoperto la spiritualità del creato nella Bibbia e negli scritti dei grandi mistici medievali occidentali, tra cui Meister Eckhart e Ildegarda di Bingen, e di averne semplicemente fornito una traduzione culturale adatta ai nostri tempi. La didattica foxiana derivata da questi autori prevede quattro tappe (o viae) che si sviluppano dialetticamente l’una dall’altra. A partire dalla via positiva, che enfatizza la bontà creaturale intrinseca, si passa attraverso la via negativa, che include l’esperienza del silenzio, del vuoto e anche del dolore, per emergere nella via creativa come protagonisti della propria vita, culminando nella via transformativa come attori di compassione e di cambiamento collettivo (una presentazione un po’ più completa delle quattro viae si trova nel manifesto dell’Associazione Spiritualità del Creato). Oggi, quando si parla di spiritualità del creato di solito si fa riferimento a questo percorso individuato da Fox e descritto nelle sue opere. Come già detto, questo non significa affatto che in un seminario foxiano si insegnino idee o tecniche che sono state originate da Fox, perché al contrario si tratta di sapienza antica o di integrazioni da discipline contemporanee (come quelle psicologiche). Allo stesso tempo, la forma che Fox ha dato alla spiritualità del creato e, di conseguenza, la sua originale presentazione teologica, costituiscono un’identità ben specifica rispetto ad altre forme di spiritualità della natura.
Negli ultimi decenni, si sono sviluppate diverse forme di teologia della creazione, o teologia ecologica, che condividono molti scopi teologici e culturali con la spiritualità del creato di Matthew Fox. Basti pensare all’ecoteologia femminista di Sally McFague, Anne Primavesi, Elizabeth Johnson e molte altre autrici di rilievo. Le differenze principali tra l’opera di Fox e autrici come quelle citate (ma potremmo aggiungere Jürgen Moltmann e molti altri e altre) sono due. La prima differenza è che Fox non si rivolge principalmente all’ambiente accademico. I libri di Fox sono molto più strumenti di lavoro individuale e seminariale che opere scritte per la discussione tra teologi e teologhe, per quanto si potrebbe sostenere che la teologia accademica avrebbe molto da guadagnare nell’introdurre al suo interno più spazi di meditazione e di “arte come meditazione” in stile foxiano. Questa, in fondo, è la differenza tra gli scritti di teologia spirituale come quelli di Fox e quelli di teologia sistematica. Per quanto non manchi certo all’opera di Fox un fondamento sistematico, esso non appare in primo piano, ma rimane piuttosto come struttura profonda di uno stile di scrittura che fa appello al lettore poeticamente e in maniera personale. La seconda differenza è che per Fox ha grande rilievo la tradizione mistica, specialmente medievale, che di solito viene studiata separatamente dalla teologia ecologica. Questa presenza del pensiero premoderno in Fox è molto importante per comprenderlo nella sua interezza, per quanto il suo interesse non risieda nella ricostruzione filologica dei testi ma negli elementi di questo pensiero che possono essere riattivati all’interno della nostra cultura. Tra i grandi temi in comune tra Fox e l’ecoteologia, troviamo invece la necessità di un’azione concreta per fermare l’ecocidio del pianeta, la riscoperta degli elementi ecologici del pensiero biblico e neotestamentario, la critica dell’antropocentrismo e dell’oppressione delle donne, degli impoveriti, degli omosessuali e di tutte le categorie che vengono considerate inferiori dalla “cultura” del tardo capitalismo globale. È chiaro che dalle varie forme di ecoteologia si possono sviluppare delle spiritualità, intese come modalità di vita che cercano di mettere in pratica la sapienza ottenuta dallo studio e dalla riflessione teologica sul creato. In questo senso, dunque, esistono forme di spiritualità del creato contemporanee che sono indipendenti dall’opera di Matthew Fox. Ad esempio, L’Albero della Vita – Dizionario Teologico di Spiritualità del Creato di Michael Rosenberger (Dehoniane 2006), è un’opera che appare scevra di riferimenti a Fox e che si propone come “presentazione scientificamente fondata della spiritualità cristiana del creato”. Pur definendosi “dizionario di spiritualità”, quest’opera però è un dizionario teologico puro e semplice. Viene da chiedersi se il titolo non sia stato inventato perché, come Fox diceva già all’inizio degli anni ’60, le persone sono assetate di spiritualità e sospettose della religione e della teologia. Da un punto di vista foxiano, un dizionario come questo può essere un utile strumento di consultazione (anche se in alcuni punti specifici il pensiero di Fox e quello di Rosenberger differiscono). Rimane però il fatto che la spiritualità del creato proposta da Matthew Fox e, in Italia, dalla sua équipe seminari, non si accontenta affatto di presentare e discutere una teologia ecologica. Il percorso esperienziale per mezzo di laboratori diversi che utilizzano l’arte come forma di meditazione costituisce per noi la cifra della spiritualità del creato.
Gianluigi Gugliermetto
coordinatore dell’équipe italiana seminari
Condivido completamente…l’articolo di Gian luigi
Ho letto e ho offerto alla biblioteca comunale della comunità in cui vivo il testo di M.Fox: il principio era la gioia…
Buon lavoro caro Gian luigi…mi scuso per la mia “imbranatura”..onLine. ..antonio
Grazie Antonio!
condivido quanto è stato scritto e sono convinta che la spiritualità del creato sia profondamente attuale e necessaria a tutti!
Complimenti e avanti, sempre|
Tiziana